4 settembre 2008

Confronti

Betlemme sara' anche un mortorio a volte, con una scarsissima offerta culturale o di svago. Certo: non si puo' mica pretendere una vita attiva da una citta' occupata... Pero', anche se spesso e' noiosa, almeno e' tranquilla: nessuno ti rompe le scatole, nessuno ti guarda storto, nessuno pretende nulla da te, nessuno ti risponde male. A Betlemme mi sento tranquillo anche girando di notte per vicoli bui e stretti. So che nessuno mi fara' mai nulla. Non e' nella mentalita' dei palestinesi che, al contrario, fanno dell'ospitalita' un vanto.

Tutt'altra storia quando sono a Gerusalemme. La citta' e' senz'altro piu' attiva ma ogni volta avvertivo qualche cosa di opprimente. E l'altro ieri ho capito cos'era.
Gerusalemme ostenta la sua ebraicita': stelle di davide e menorah in ogni dove, anche dove non te le aspetti. Ebrei ortodossi e ultraortodossi in ogni angolo. Occhi che ti squadrano, sguardi che giudicano. Gerusalemme e' una citta' per ebrei e basta. Ci sono si' le "zone franche" o quasi, che infatti sono quelle frequentate anche dagli stranieri.
Pero' tutta questa religione che uno e' costretto a respirare, mette enormemente a disagio dopo un po'. E' come provare a vivere da laici al Vaticano o in Arabia Saudita.
Gia' non mi sento a mio agio in Italia quando mi capita di essere a contatto con degli ultra-cattolici (pur essendo io stesso un cattolico abbastanza osservante, ma in una fase un po' calante). Figuriamoci qui, dove il confine fra osservante e pazzo fanatico e' spesso inesistente).

A Gerusalemme non mi sento per nulla a mio agio. Spesso mi aggiro guardingo sperando di non avere un abbigliamento o di non fare un gesto che qualche pazzo fanatico possa reputare offensivo. L'unica zona dove posso tirare il fiato e' la degradata parte orientale, araba. Sempre che non mi scambino per turista.


Riporto qui due articoli de Il Manifesto di ieri, in cui si parla appunto del crescente potere della destra conservatrice religiosa ebraica (i "neocon", da leggere sempre alla francese).
Ancora una volta, e a rischio di diventare noioso, consiglio di leggere questo blog, perche' raccoglie molti articoli che descrivono esattamente questo problema, che ormai sta diventando molto serio anche per gli stessi ebrei e israeliani.
Mentre leggete -ammesso che lo farete!- per favore tenete sempre a mente la foto degli ebrei che manifestano contro il Sionismo: "I sionisti NON rappresentano il popolo ebraico"...

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DIRITTI NEGATI E LO STATO CHIUDE UN OCCHIO

Povere HAREDI
Posti separati negli autobus, botte alle ragazze che indossano i pantaloni, polizia della moralità scatenata: così la comunità di ultraortodossi di Gerusalemme reprime le sue donne. Ma c'è chi inizia a ribellarsi: associazioni e attiviste che minacciano il dominio maschile tra i sempre più influenti «haredim», che ormai rappresentano il 10% della popolazione ebraica d'Israele

Michele Giorgio
GERUSALEMME

«Mi chiamo Hana Pasternak. Esatto, Pasternak, come lo scrittore russo». Il tono della voce di Hana riflette la tranquillità interiore di una donna di 64 anni che, sorridendo, racconta la sua vita di ebrea osservante e il suo ruolo di nonna fortunata di parecchi nipoti. Ma è solo apparenza, perché Hana è conosciuta dalle sue amiche come una donna che improvvisamente ha saputo tirar fuori una forza sorprendente. «Non mi ritengo così forte come mi descrivono - puntualizza -, credo solo che sia giusto non rimanere in silenzio di fronte a un abuso». La sua vicenda risale a quasi due anni fa quando Hana, a Gerusalemme, salì a bordo di un autobus urbano nello storico quartiere di Mea Sharim, popolato da haredim, gli ebrei ultraortodossi. «Mi sistemai sui sedili anteriori - ricorda -, ma pochi secondi dopo un uomo mi urlò in faccia di spostarmi immediatamente in fondo, assieme a tutte le altre donne. Era un haredi e mi squadrava dall'alto in basso, con occhi minacciosi». «Dopo qualche attimo di smarrimento - continua a raccontare Hana -, obiettai che quello era il mio posto e non intendevo muovermi. Lui allora mi accusò di violare le regole dell'ebraismo e persino di voler provocare sessualmente gli uomini presenti. Replicai che la nostra religione non obbliga le donne a sedersi in un punto preciso di un automezzo». «La reazione del mio interlocutore fu esplosiva, mi disse dell'esistenza un accordo con la Egged (la principale compagnia israeliana di trasporti, ndr ) per tenere uomini e donne separati sui pullman e pronunciò parole irripetibili. Per fortuna non mi aggredì fisicamente, ma fu traumatico e umiliante di fronte a tante persone». Hana ha rivissuto più volte quell'esperienza ma non si è lasciata intimidire, come invece è accaduto a tante altre. Ora dirige il Centro «Kolech» per i diritti delle donne nella religione ebraica. Resiste anche Naomi Ragen, 57 anni, un'altra ebrea osservante originaria di New York, chiamata da qualcuno «Rosa Parks» per essersi rifiutata con tutte le sue forze di obbedire all'ordine di un haredi di sedersi in fondo all'autobus n.40. Più grave di Hana Pasternak e Naomi Ragen è stata, tempo fa, la vicenda vissuta da ebrea ortodossa canadese che, salita a bordo di un pullman diretto al Muro del Pianto, venne attaccata da un ultraortodosso per aver violato la «regola» dei posti separati. «Fu aggredita fisicamente, venne picchiata duramente», ha denunciato il suo avvocato, Orly Erez-Likhowski, consigliere legale del «Movimento per l'ebraismo progressista» che porta avanti una campagna contro la decisione del ministero dei trasporti e della Egged di accettare, di fatto, che su decine di autobus le donne vengano segregate. Sulla carta non esiste alcun accordo ufficiale, eppure sono una trentina le linee dove alle donne ebree non è consentito sedersi nella parte «riservata» agli uomini. La Egged si è difesa affermando di aver semplicemente lasciato alla comunità haredi la possibilità di stabilire le proprie regole per l'uso dei mezzi pubblici. Ma la questione degli autobus con uomini da una parte e donne dall'altro è solo la punta dell'iceberg del potere e della crescente aggressività della comunità haredi di Gerusalemme (e non solo) che si manifesta sempre più spesso contro le donne. Solo recentemente la stampa israeliana ha dato risalto alla notizia del fermo di membri della «polizia della moralità» - in fondo non lontana da quella, perfettamente legalizzata, che opera in Arabia saudita - è tardivo. E i media occidentali che pure riferiscono, giustamente, delle pesanti violazioni dei diritti delle donne nei paesi islamici, tacciono sugli abusi e le violenze contro le donne ebree, in particolare quelle ultraortodosse e ortodosse moderne, da parte di chi usa in modo spregiudicato la religione e i testi sacri. «La polizia della moralità esiste da molti anni - denuncia Hana Pasternak - e il più delle volte agisce indisturbata. La polizia (dello Stato) non fa abbastanza per proteggere le donne, credo che abbia paura di interferire nelle regole della comunità haredi che, peraltro, ha l'abitudine di protestare con violenza». Insignificante è l'azione della polizia nei quartieri ultraortodossi di Gerusalemme, città dove il potere, a tutti i livelli, dei religiosi ebrei aumenta di anno in anno (il sindaco uscente, Uri Lupolianski, è un ortodosso, e in autunno sono previste le elezioni municipali). In Israele gli ebrei haredim sono meno del 10% della popolazione ebraica - degli oltre 7 milioni di israeliani il 75% sono ebrei, il 20% arabi e il 4,4% altri - ma esercitano, grazie anche ai loro partiti e alle loro istituzioni (ben finanziate dallo Stato), una significativa influenza su almeno un altro 30-35% degli israeliani ebrei che si definiscono ortodossi moderni o praticanti. Di pari passo all'aumento del potere politico e sociale degli haredim, sembrano moltiplicarsi le violenze a danno delle donne, compiute quasi sempre dalla «polizia della moralità». Ha fatto scalpore, all'inizio dell'estate, quanto è accaduto nell'insediamento colonico di Beitar Illit (nella Cisgiordania occupata), una nota roccaforte fondamentalista. Un'adolescente si è vista spruzzare in faccia e sulle gambe dell'acido, ed è rimasta seriamente ferita. L'aggressore disapprovava il suo abbigliamento: una maglietta a maniche corte ed un paio di pantaloni larghi. Dopo l'accaduto, il sito internet del quotidiano Yediot Ahronot ha pubblicato il parere di un importante rabbino: le donne, a suo dire, devono vestire modestamente, anche da sole, anche al buio e in ogni caso non devono indossare mai i pantaloni. Le violenze che subiscono le donne vengono giustificate all'interno della comunità ultraortodossa e a Gerusalemme per diversi giorni haredim di tutte le età hanno manifestato in via Yoel contro il fermo di tre membri della «polizia della moralità». Le brutalità subite da una giovane donna non hanno scosso la solidarietà verso gli aggressori. Secondo quanto accertato dalla polizia, il primo giugno sette uomini sono entrati nell'abitazione della donna accusata di avere una relazione «illecita» e l'hanno ferita gravemente. Poi, dove averle intimato di lasciare subito la sua abitazione, l'hanno minacciata di morte. «La polizia morale fa quello che dovrebbe fare la polizia (dello Stato)» ha commentato un manifestante in via Yoel intervistato dallo Yediot Ahronot . A raccogliere una buona parte delle denunce di donne ebree religiose soggette ad abusi e violenze è Debbie Gross, direttrice del «Crisis Center for Religious Women» di Gerusalemme. «Il nostro centro è principalmente una hotline, ma cerchiamo di offrire un'assistenza ad ampio raggio a quante ci telefonano chiedendoci aiuto e consiglio», dice Gross, «nell'ultimo anno abbiamo registrato un aumento delle telefonate, il 60% delle quali da parte di donne religiose di Gerusalemme». Gross, una ortodossa moderna, spiega lo sviluppo con la maggiore consapevolezza acquisita dalle donne ma anche con la profonda «crisi di autorità» che attraversano i maschi ultraortodossi. «Nella comunità haredi - dice l'attivista - gli uomini non lavorano ma studiano soltanto e trascorrono una parte della loro esistenza nelle scuole rabbiniche. Le donne, più istruite che in passato, invece lavorano, oltre ad occuparsi dei figli, e sono relativamente più esposte a influenze esterne. Gli uomini perciò avvertono che qualcosa sfugge loro di mano, che fanno sempre più fatica a tenere sotto controllo le donne. Reagiscono a tutto ciò con crescente violenza». Da parte loro i rabbini, sottolinea Gross, esercitano forti pressioni affinché gli uomini facciano la loro parte per «evitare l'assimilazione» della comunità al laicismo, contribuendo così ad inasprire gli atteggiamenti repressivi verso le donne. Di fronte a ciò lo Stato di Israele, pur proclamandosi laico e democratico, si mostra poco reattivo, se non indifferente, a conferma del controllo che i partiti religiosi hanno conquistato su una porzione consistente della vita politica e nella società. La «polizia della moralità» perciò continua ad agire indisturbata.

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LA CITTÀ SANTA · I religiosi potrebbero stravincere le prossime comunali
Porush favorito, e i laici scappano via
mi. gio.

Le elezioni municipali dell'11 novembre renderanno Gerusalemme e Tel Aviv più lontane e diverse. La prima sempre più controllata dagli ultraortodossi ebrei e con il settore arabo (Est), occupato nel 1967, degradato ed emarginato. La seconda proiettata verso il futuro e un maggior rispetto dell'ambiente. Certo sarà molto arduo per Dov Henin, deputato di Hadash (fronte politico che include il Partito comunista) candidato della lista «City4all», battere il sindaco uscente Ron Huldai. Ma il suo programma che prevede politiche per abbassare gli affitti (ora astronomici), sviluppare i trasporti pubblici e favorire la crescita degli spazi verdi, ha già avuto un impatto sulla linea di Huldai che ha fatto la fortuna delle grandi imprese di costruzioni che hanno disseminato per Tel Aviv grattacieli e centri commerciali. Huldai quasi certamente vincerà, ma i tanti voti che otterrà Henin lo costringeranno a cambiare, almeno in parte, la sua rotta. Gerusalemme al contrario l'11 novembre farà un ulteriore salto indietro nel tempo. Il sostituto del sindaco uscente e religioso ortodosso Uri Lupolianski alla guida del consiglio comunale (boicottato dai palestinesi, più di un 1/3 degli abitanti) sarà un altro ebreo ortodosso: il deputato Meir Porush del partito «Giudaismo unito nella Torah» (Gut). Sulla base di un accordo, Lupoliaski si farà da parte e lascerà strada libera a Porush. Ci sono forti rivalità all'interno del mondo ultraortodosso, ma alla fine le differenze verranno messe da parte in nome del controllo della città e Porush diventerà sindaco. Gli effetti si faranno sentire subito. Se Lupolianski ha provato a mediare tra laici e religiosi, invece Porush rappresenta il volto dell'ebraismo ortodosso più rigido. D'altronde i laici - che in numero crescente lasciano la città, specie i giovani - non hanno molto di meglio da proporre. I loro candidati sono Nir Barkat e Arkadi Gaydamak. Il primo è un esponente della destra vicina al Likud, il secondo un ricco miliardario ultraconservatore di origine russa che pur di conquistare voti ha promesso di vietare la prossima Gay Parade.

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