L'oppio dei popoli odierni è, in molti casi, il calcio. E in questo caso, non mi redimerò mai dalla mia tossicodipendenza!
E' domenica, giorno dedicato al riposo e alla preghiera. E al calcio.
E' cominciato il campionato italiano ma sinceramente non m'importa un granché: da anni è diventato un campionato freddo, quasi di soli giocatori stranieri -mercenari strapagati- che nemmeno sanno il colori delle maglie che portano e credo che non riescano nemmeno a capire se i propri tifosi allo stadio li insultano o li lodano. Il gioco spesso è freddo, cinico, tattico. Professionisti senza cuore. Come si può tifare squadre così?
Sono Argentino, e me ne vanto (come tutti gli argentini! Sì, ogni tanto dovremmo abbassare un pelo la cresta... I fratelli latinoamericani spesso non ci sopportano per il nostro ego). In Argentina, però, abbiamo la miglior squadra del mondo, non è una diceria. Magari non sempre la più forte, ma di sicuro è la migliore, incomparabile. E il miglior tifo. E anche lo stadio più impressionante. Tutto in uno, pacchetto compreso e senza scadenza: sempre valido.
Cosa sarà mai a poter offrire così tanta bontà calcistica? Semplice. Il BOCA JUNIORS.
Perché?
Il Boca è una delle squadre più titolate al mondo, che nella sua lunga e gloriosa storia ha affrontato e vinto in ogni luogo e in ogni condizione, ogni squadra. Nata dalla voglia di riscatto di 5 immigrati italiani, genovesi per la precisione, è una squadra di Popolo, fatta dal popolo e che lotta e vince per il suo popolo. L'identificazione totale con la gente del quartiere in cui nasce (La Boca, appunto, antico porto di Buenos Aires) è una cosa che ha rari eguali nel mondo: forse il Napoli, forse il Genoa, il Liverpool, la Roma. Forse.
Boca Juniors come mezzo di emancipazione: nato in un quartiere difficile, malfamato (tuttora), proprio per cercare di dare un'immagine migliore all'esterno senza però andarsene. Rimanere e lottare. Come il pittore Quinquela, che volle trasformare la bruttezza del suo quartiere usando la sua stessa povertà: dipingendo le lamiere delle baracche in cui abitano (ancora oggi) i lavoratori con le vernici avanzate dalle barche...
La stessa gente del quartiere vive, lotta e muore per il Boca Juniors che è parte della propria vita quotidiana. Come lo era la politica: anarchici, socialisti, rivoluzionari di ogni tipo. Che a fine '800 costituirono persino una "repubblica" (con tanto di costituzione) chiedendone polemicamente il riconoscimento al Re d'Italia.
Non si tratta solo di sport, non si tratta solo di calcio, non si tratta solo di tifo. E' quasi una religione, che ti segna in ogni momento della vita. E che non puoi tradire (ma nemmeno ti sogni di farlo!), in nessun momento. E' un fenomeno che in Europa e in altre parti del mondo (America Latina esclusa) non si può capire: tanto che allo stadio, per vedere e capire cosa succede, ci vanno fior fiore di sociologi. "Vuoi capire gli Argentini? Vai allo stadio". Vale anche per i Brasiliani, eh...
L'identificazione della gente con il Boca è talmente forte che la tifoseria è sempre stata conosciuta con il nome di "La 12", ovvero il 12° giocatore in campo. Quello che, nei momenti difficili, non contesta la squadra e non lancia poltroncine o monetine contro i propri giocatori: li sostiene, canta ancora più forte, tanto da coprire i canti dei tifosi locali quando giochiamo in trasferta. Ditemi una sola squadra che riesce a farlo, ogni volta, in ogni stadio, in ogni paese, in ogni stato. "La 12", tifoseria fedelissima e sempre presente, soprattutto quando il gioco si fa difficile. Decenni fa, il Boca rischiava la retrocessione e La 12, invece di contestare la squadra o gettarsi nello sconforto, non si perse d'animo: più la squadra sprofondava nella classifica, e più aumentava il numero degli abbonamenti e dei tifosi che accorrevano per dare una mano ai calciatori. Che, alla fine, si salvarono. Fossero stati un'altra squadra sarebbero già scomparsi.
La 12, quella che prima della partita contro il Real Madrid per la coppa Intercontinentale, fece apparire uno striscione gigantesco -da guinness dei primati- con scritto: "Potrete imitarci, ma eguagliarci MAI". I pronostici ci davano morti: 2-0, invece, dopo soli 13 minuti di gioco (finì 2-1). Ecco il Boca, ecco La 12. Uno dei tanti esempi. Solo uno dei tanti.
Squadra di Popolo perché molto spesso chi gioca nel Boca è nato e vissuto nel suo popolo: da anni la squadra sforna giovanissimi talenti dai propri ricchi vivai: Riquelme, Tevez, Gago, Banega, Monzón, Battaglia, Arruabarrena, Burdisso, Ledesma... Oppure ne lancia: Batistuta, Verón, Samuel, Kily Gonzalez, Palermo, Abbondanzieri, Barros Schelotto, Palacio... Diego Armando Maradona.
in una foto del 1981
Un attaccamento alla maglia unico al mondo. Quasi la totalità della rosa attuale proviene dai vivai. Questo è amore per la maglia, rispetto dei tifosi e della propria storia. Il calcio italiano dovrebbe imparare molto, oltre a comprarci i giocatori.Giovani talenti, forse senza tanta esperienza ma motivati dall'amore per la maglia: quella stessa maglia, quegli stessi colori che -quando erano più piccoli- sostenevano dalla curva. Giocatori-tifosi, insomma. E che in campo ti fanno fare pazzie: altro che rigide tattiche, altro che freddo calcolo. Il calcio latinoamericano è passionale, caldo, imprevedibile.
Quasi sempre i giocatori provengno da famiglie poverissime, come Carlos Tevez o Diego Armando Maradona (due dei più celebri figli del Boca).
Oggi, ad esempio, l'attacco titolare del Boca era assente per infortuni vari: i tre titolari, contemporaneamente! Mancavano Palacio, Palermo e Riquelme (un altro dei nati nel Boca). Soluzione obbligata: schierare tre giovanissimi del vivaio, in una squadra già piena di neo-debuttanti. Risultato? 3-0 all'Huracan, fuori casa, con un tifo che si è scatenato come se fosse in casa e che ha portato nel giro di venti minuti ad una doppietta del giovane Gaitán (prodotto del vivaio del Boca) seguita al vantaggio siglato da Viatri (serve dire da dove viene?).
12 in campo. Per forza si vince!
"un 'uragano' di emozioni per mano dei ragazzini", fresco fresco
(nella foto l'attaccante Noir, proveniente dal vivaio)
(nella foto l'attaccante Noir, proveniente dal vivaio)
E con un tifo rovente, scatenato, indiavolato come il nostro, tutti gli avversari subiscono l'impressionante effetto intimidatorio de La Bombonera (strappare un pareggio in casa al Boca è già un'impresa, figuriamoci batterlo). Il tifo, appunto: indiavolato, senza freni, senza pause. Un boato continuo che fa tremare il campo e l'intero quartiere (che, quando si gioca, si ferma totalmente come per assistere ad un importante evento religioso: ci sono stato durante una partita, è una cosa impressionante...). Un terremoto di passione, che scuote gli animi, travolge chi assiste, spinge chi indossa la maglia Oro-Blu all'attacco.
l'entrata della squadra. notare la vicinanza dei tifosi (cheer-leaders escluse, eh...) al campo
la squadra saluta i tifosi
la squadra saluta i tifosi
Quattro anni fa, una rivista inglese di sport, fece un'inchiesta internazionale per decidere quale fosse il miglior spettacolo sportivo di tutto il mondo, fra tutti gli sport.
Ebbene, al primo posto, indiscusso, c'era il superclásico (derby) Boca Juniors-river plate, alla Bombonera. Non ci sono parole per descrivere cosa significa quella bolgia. Bisogna vederla.
Ora, nelle viscere della Bombonera, c'è anche il "Museo de la Pasión" Xeneize (da "zeneize" genovese, soprannome del Boca). Che attira ogni anno orde di turisti stranieri e non, curiosi di capire il segreto che si cela nello stadio più magico del mondo.
Boca, La 12, Bombonera. Una vera e propria religione. Facendo un po' il blasfemo, è quasi una seconda "santa trinità": tre manifestazioni della stessa entità.
Non solo: c'è pure il cimitero. Il Boca Juniors è la prima squadra ad aver allestito un piccolo cimitero nei pressi de La Bombonera, dove possono essere seppelliti (dietro lauto pagamento) i tifosi più accaniti....
striscione per ricordare i vecchi tifosi passati a miglior vita
"Nemmeno la morte ci separerà, dal cielo ti sosterrò"
le bare del Boca
Ecco perchè tifo Boca da quando sono nato (e forse anche prima). Ecco perché lo tiferò sempre e ovunque, anche qui in Palestina (dove ho già trovato molti bambini simpatizzanti). Ecco perché a qualsiasi ora giochi il Boca, se riesco a vedere la partita la guardo, soffro, gioisco e -come La 12- non contesto mai. In quei colori ci sono anch'io: quella maglia sono anch'io."Nemmeno la morte ci separerà, dal cielo ti sosterrò"
le bare del Boca
Ed ecco perché in America Latina parlare di calcio non è una cosa frivola: il calcio è vita, è passione, è morte, sono scontri sociali o riappacificazioni. Il calcio latinoamericano è amore, odio, esaltazione, sofferenza, godimento, terrore, poesia. E' cultura. E' fonte di ispirazione per i più grandi scrittori, poeti, artisti. Nessuno si sottrae al fascino del calcio. Nemmeno Che Guevara, Il rivoluzionario, l'idealista, l'incarnazione più pura della politica: lui, argentino, era un fiero tifoso del Rosario Central, squadra della sua città natale.
Sempre a costo di sembrare blasfemo (ma ovviamente non è questa l'intenzione!), concludo con uno dei motti dei membri de La 12:
"El fútbol mi religión, la Bombonera mi templo, Boca mi dios"
Il calcio la mia religione, la Bombonera il mio tempio, Boca il mio dio.
Amen
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