14 agosto 2008

Mi sto ambientando

E` quasi un mese che sono qui in Palestina (sabato 16, per l'esattezza). E credo di essermi ormai ambientato anche nel sentire comune della gente. Già. Sì sì, ormai penso come un palestinese e vedo il mondo con gli occhi di un palestinese. E vedo nero. Nerissimo. Complice il noioso e lento decorre di un agosto sonnolento e monotono (a causa delle ferie che hanno congelato le attività delle ong locali), i problemi con l'adsl, il fatto di non avere ancora trovato la rotta giusta nella valutazione del progetto, ecc. Ma soprattutto la mole di notizie negative che arrivano in qualsiasi momento: uccisioni, arresti, sotterfugi, finti colloqui di finta pace, finte proposte, vera occupazione, checkpoints, coloni, nuovi coloni, divisioni, sospetti, accuse.

(Forse è anche per questo motivo che inizia a mancarmi un po' l'Italia: non vedo i TG e non leggo i giornali italiani. Poi però ci pensa Al-Jazeera a raccontare al mondo cosa succede nello Stivale e allora penso di essere in trappola e che, quando tornero, dovrò iniziare subito a cercare un altro posto dove andare).

Insomma: succede di tutto. Ma tutto resta fermo, nulla cambia se non in peggio. I palestinesi sono consapevoli che non avranno mai uno stato tutto loro e cominciano ad essere in molti a pensare: "Ok, ora basta. Prendetevi tutto, prendetevi le terre, le città, gli ulivi (così almeno non li sradicate), le poche gocce d'acqua che avete lasciato al Giordano -se esiste ancora- e tutto quello che è rimasto. Prendetevi tutto, non ce ne frega più niente, ma per favore: non trattateci più come animali".

Speranze? Non esistono le speranze in Palestina. Quali speranze? Boh, forse solo quella che i soldati non ti sparino dietro o non ti demoliscano la casa o che i coloni se ne stiano alla larga o che al checkpoint non ti rompano i coglioni. Queste sono le uniche e più concrete speranze che ha il palestinese medio. Stato Palestinese, indipendenza, libertà, ecc non sono speranze: è fantascienza. Religione? Quale religione, se anche i musulmani praticanti (che peraltro sono pochissimi) dicono: "Se questa è veramente la terra promessa agli Ebrei, come dicono, perché Dio ci ha fatto nascere qui? Non poteva farci nascere in un altro Paese?". I cristiani, quei pochi che sono rimasti, non se la passano certo meglio. E come potrebbero: saranno anche cristiani ma sono pur sempre palestinesi. L'unica differenza, forse, è che le loro comunità sono un tantino più unite (così mi diceva Echlass, la mia insegnante di arabo al campo profughi).

Fatah, Hamas, Fronte Popolare, Jihad islamica,... La gente ne ha le palle piene. Non sono partiti, non sono movimenti. Sono entità autonome, a volte tendenti all'organizzazione mafiosa. Idee politiche? Ma dove... Difesa degli interessi collettivi? Macché: solo dei propri (dei vertici). Più che partiti sono dei Clan in perenne lotta fra loro. E pure spaccati da personalismi interni.
Fatah e Hamas sono come il Partito Peronista in Argentina, che tutto è fuorché un partito: con le sue diramazioni, le sue strutture parallele diffuse in maniera capillare sul territorio, con la sua logica di cooptazione, i picchiatori e le modalità d'azione da capo-mafia dei vari capi e capetti locali, il peronismo è ciò che meglio spiega cosa siano questi partiti-movimenti palestinesi. Sì, certo, sono sicuro che gli idealisti e i puri di cuore e di spirito ci sono ancora (così come ci sono tanti ottimi peronisti e ce ne sono stati). Il fatto è che ad essere marcia è la struttura. Forse è più marcia Fatah che non Hamas, forse. Forse Hamas ha ancora qualche principio, non solo religioso e non così tanto estremista come sembra. (Hamas è un movimento radicale sì, più simile al partito al potere in Turchia in questo momento che non ad Al Qaeda). Ma di sicuro Hamas non è la soluzione.

Quello che vedo è semplicemente una società totalmente allo sbando e non per colpa propria. Facendo del populismo, direi che quasi mai è colpa del popolo. Quasi, però: perché se il popolo si ostina a eleggere per tre volte lo stesso coglione, allora anche il popolo è coglione. (Ogni riferimento all'Italia è puramente voluto. Però si sa: non c'era poi molta scelta alle ultime elezioni...). Le strade ne sono una prova: niente regole, niente limiti, niente tutale del bene pubblico... Certo, la gente non si spara per un parcheggio o per una precedenza (continuo ad affermare che di armi qui non se ne vedono, tranne per i poliziotti e i militari) ma questo non significa che si viva bene e tranquilli. Questa non è vita. E per vita intendo vivere da protagonisti la propria vita, non andare a comprare la Coca-cola al supermercato.

L`occupazione ha creato un popolo diviso (soprattutto fisicamente), frantumato, rassegnato, confuso e a volte un po` menefreghista -a detta di qualcuno con cui ho parlato in questi giorni. La "resistenza" credo si sia trasformata, ormai, nell'evitare di affondare del tutto. Controbattere alla violenza militare e alle umiliazioni è inutile. La resistenza armata non serve e, anzi, è più controproducente che benefica (appena viene sparata una micetta o uno scassato razzo qassam i governi occidentali urlano subito contro la minaccia del terrorismo islamico).

Due giorni fa c'è` stato un lancio di un qassam verso lo sfigato villaggio israeliano di Sderot. E manco ci è arrivato a Sderot. Tuttavia, mi domando se abbia senso continuare con sti cazzo di qassam: questi “razzi” (non sono altro che dei tubi pieni di esplosivo fatti in casa, e spesso esplodono tra le mani di chi li costruisce) se prendono qualche cosa è solo per culo. Ciò che prendono, se ci riescono, sono i civili e non l'esercito occupante. E se il qassam scoppia (non sempre) scatena immediatamente la reazione devastante di Israele. Già Barak ha annunciato tronfio e sprezzante che i raid su Gaza stanno per arrivare: vogliamo pure servirgli su un piatto d`argento il pretesto per farli cominciare?

Hamas ha subito bollato il lancio come un gesto compiuto da traditori per favorire Israele. Potrebbe anche essere. Secondo me potrebbe anche essere stato un gesto stupido per vincere un po' la noia della vita trascorsa nella più grande prigione a cielo aperto del mondo (Gaza, appunto). Un po' come i lanci di sassi dai cavalcavia italiani. Con la differenza che qui non sono gli adolescenti viziati teste di cazzo figli di papà e imbottiti di soldi a lanciarli. (Sì, sto diventando sempre più classista).


Nonviolenza. Grazie tante, ma come? Se la provocazione manca, i servizi segreti israeliani sanno bene come crearla (non sono mica scemi, anzi).

Boicottaggio? Ma di cosa? L`altroieri ero con Massimo all`AIC di Beit Sahour. Un attivista palestinese, vedendoci osservare un cartello, ci dice: "Eh sì, ragazzi, bisogna boicottare l'economia israeliana perché è quella che sostiene l'occupazione".Risposta di Massimo: "Non lo devi dire a me: devi dirlo ai Palestinesi. Non ce n'è uno qui che boicotti i prodotti israeliani o statunitensi. Se vado in un negozio palestinese a comprare succo d'arancia il negoziante mi da quello israeliano, pur avendo -nascosto- anche quello palestinese".
Rimasto con la bocca aperta, il povero ragazzo non può far altro che annuire. Tra l'altro, arrivarci a questo posto è stato quasi impossibile. Nessuno lo conosceva. E arrivati lì, c'erano solo stranieri, zero palestinesi. Alcuni palestinesi con cui ho parlato hanno comentato più o meno: "
No, grazie, sono stufo di tutta questa roba. Non ne voglio più sapere". Non hanno mica tutti i torti: perché guardare in TV o leggere sui libri quello che già vedi ogni giorno da quando sei nato? Martellarsi da soli i cosiddetti dopo che te li hanno già rotti gli altri, in effetti si chiama masochismo.

La vita in Palestina è questa: non c'è vita. Come dicono a Gaza. Non c'è` niente, a dire il vero. Sì, c'è questa apparente tranquillità che poi si rivela pura monotonia, grigiore. C'è la libertà di andare in giro nella tua prigione nella autogestita Zona A e andare per negozi. Tutto qui. Un nulla, un limbo perenne che è meglio dell'inferno, per carità, ma pur sempre limbo resta. Ah, certo, comunque sempre meglio il limbo della prigione che è Gaza, su questo non c'è dubbio. I palestinesi di qui soffrono anche per la situazione assurda di Gaza. L'assedio, però, non fa altro che accentuare le differenze fra questi due spezzoni di popolo palestinese. Tanto che a Gaza -si dice- cominciano ad odiare quelli della West Bank. Quello che voleva Sharon.

(Mi dispiace offendere il ricordo di un defunto ma quando Indro Montanelli scrisse che spesso gli uomini di guerra a portare la pace, e quindi forse sarebbe stato Sharon a portarla finalmente, scrisse una emerita cazzata).

A proposito dell'assedio di Gaza. Ci sono un paio di barchette sfigate, cariche di sfigati idealisti comunisti e pieni di soldi che in questi giorni si stanno facendo la loro crocieretta nel mediterraneo per andare a rompere le palle ai militari israeliani.

Ah, non lo sapevate? Sì sì, non tutti lo sanno ma ci sono veramente due barche che sono partite da Creta per andare a Gaza per cercare di rompere fisicamente l'assedio. Tra i membri dell'equipaggio c'è un pacifista israeliano e pure un'anziana sopravvissuta alla Shoah. La loro idea è questa: se è vero che Israele non occupa più Gaza, allora dal punto di vista giuridico non dovrebbe farci problemi per entrare nelle sue acque territoriali. Crèdeghe...

Non so quanto ne parleranno i media internazionali però ho quasi la paura che se lo faranno sarà nei termini del precedente capoverso... Comunque, se vi va di sapere cosa succederà (o non succederà, ma questa eventualità non dipende dai naviganti), ecco dove pescare le notizie:

http://www.freegaza.org


Il mese prossimo inizia il Ramadam e la gente sembra un po' preoccupata. Non per il digiuno (bene o male il cibo c'è), non per il divieto di bere (qualsiasi cosa: c'è chi nemmeno deglutisce la saliva). Per la noia. Non voglio dire che il problema dei palestinesi è che si annoiano: in questo caso basterebbe distribuire un mazzo di carte per famiglia per risolvere la faccenda. Il fatto è che in un paese dove non c'è veramente nulla da fare (perchè non puoi), dove non ci sono speranze, non ci sono obiettivi, non ci sono traguardi da raggiungere, non puoi programmare il futuro perche non c'è nemmeno un presente da vivere, insomma: in un paese senza prospettive di nessun tipo, è ovvio che ci si annoia. E con un Ramadam estivo, per di più, con giornate più lunghe, il tempo prima di arrivare alla cena (e quindi festeggiare con la famiglia) si allunga di molto. Il problema è che durante il Ramadam gli uffici lavorano poco, le scuole pure, moltii negozi chiudono. In Arabia Saudita, addirittura, chiudono tutto (ma lì se lo possono permettere, con tutti i soldi che hanno).

Noi al CCRR non faremo quasi nulla, praticamente sarà un mese buttato, e dovremo rimandare i corsi nelle scuole a ottobre (proprio quelli che dovrei valutare io, cazzarola). Bah, speriamo che la noia sia l'unico problema, ci metterei la firma subito.

Il Ramadam, però, ha i suoi tantissimi aspetti positivi, non crediate. Ci sarà pure un motivo se tutti (anche i non religiosi) partecipano! Il mese di Ramadam, almeno, ha il pregio di portare qualche piccola allegria: se non altro è un momento per le famiglie per ritrovarsi, per rinsaldare le amicizie e i legami. Sempre che non si debba prima passare un check point per raggiungere il luogo della festa.

A proposito: in questi giorni si parla del caso clamoroso (per noi ingenui occidentali) di una donna di Gaza che ha partorito in un ospedale israeliano in seguito a complicazioni. Quattro gemellini, che bella notizia! Complimenti!. Eh, anche un doveroso grazie alle umane autorità israeliane che hanno aiutato questa donna palestinese! Visto che non sono poi così brutti e cattivi gli Israeliani? Eh, sciocchini, sempre a pensare male...
Peccato che prima di entrare in ospedale, le abbiano fatto firmare un documento col quale rinunciava a ritornare a Gaza. E il marito, che a Gaza è rimasto da solo, non è autorizzato a lasciare la Striscia per visitare la moglie. Bella la carità dello stato d'Israele...Sempre a Gaza assediata, muore un sacco di gente per mancanza di cure ospedaliere: Israele, bontà sua, offre a 'sti straccioni e ingrati palestinesi di andare a curarsi nei moderni ospedali con la stella di Davide. In cambio, cosa sarà mai, chiede solo un piccolissimo favore: "collaborare". Ma sì, dai, giusto due chiacchiere in amicizia per sapere chi fa questo, chi fa quello...Eh? E suvvia...

Insomma: ai malati gravi palestinesi l'unica strada che resta è il suicidio. Se non "collabori", muori perchè gli ospedali palestinesi non sono tutti in grado di curarti (a Gaza, poi...). Se invece "collabori", muori ti ammazzano appena ti vedono per strada.

Comunque, penso che nemmeno per gli Israeliani (almeno quelli che vivono piu vicini ai Territori) sia facile vivere, almeno psicologicamente: il loro caro governo democratico li ha ossessionati a tal punto che, come gli Statunitensi, vedono estremisti e terroristi ovunque, si armano come deficienti e vivono nella paura continua di saltare in aria o di essere travolti da una ruspa o di essere colpiti per sfiga da un razzo qassam che funziona. Cose che non sono poi cosi` frequenti come ci fanno credere.

(Sì, sì, ok, lo so: anche se succedesse solo una volta sarebbe una tragedia. Queste cose le so. Non sono così stupido. E` che le tragedie in Israele non sono quotidiane, da questa parte del Muro invece sì. Però quelle che avvengono qui non le condanna nessuno...).

Dopo 60 anni di guerra, gli Israeliani che vogliono dire basta a questa situazione assurda cominciano ad aumentare. A Tel Aviv, soprattutto. Ma quanto la si paga cara, la dissidenza... Ad esempio, c'è un gruppuscolo di pazzi anarchici che manifesta in ogni modo contro l'occupazione e contro il Muro, a Bi'lin, insieme ai pacifisti palestinesi. I soldati li trattano alla stregua dei palestinesi: botte da orbi, sevizie, arresti indiscriminati. L'ultima volta, oltre ai proiettili di “gomma” (in realtà sono di piombo rivestiti di gomma) e ai proiettili veri, i soldati hanno avuto la brillante idea di usare armi “non violente”. Cioè hanno spruzzato acqua di fogna mista a sostanze chimiche ai manifestanti disarmati.

Tutto questo si può definire con una sola parola: repressione.

E i giornalisti uccisi dai soldati? Uccisi deliberatamente, non per errore. “Eh, pensavamo che quella cosa strana fosse un'arma”. Beh, in un certo senso le immagini catturate da videocamere e macchine fotografiche possono essere un'arma. Ma non certo così letali da reggere un confronto con un carro armato...

I refusenik? Ah già, ci sono pure loro. Ormai non ne parla quasi nessuno. Eppure loro, soldati, si sono rifiutati di versare ancora sangue palestinese o di demolire case o sradicare ulivi. Zero, non se li fila nessuno. E molti stanno a marcire nelle galere. Ne ho conosciuti due di refusenik, in Italia. Sentirli parlare con la voce rotta dal dolore è sconvolgente.

In occidente dobbiamo dare una mano a queste persone e appoggiarle con maggiore forza (come, non lo so. Almeno iniziando a parlarne di più): sono le uniche che possono cambiare qualche cosa perchè l'unico cambiamento possibile, qui, credo potrà avvenire soltanto dall'interno di Israele...Come per gli Stati Uniti, del resto. (Sì, è vero, lo sto ammettendo. Sì, sto bene: c'è un sacco di gente meravigliosa negli Stati Uniti e spesso il loro coraggio e la loro tenacia ha quasi dell'incredibile. Proprio perchè vengono fuori da un paese così di merda).

Anche i bambini palestinesi, però, sono ossessionati. Soprattutto quelli dei campi profughi. I soldati israeliani (quelli adulti, gli esperti: non i ragazzini che mettono ai check point) si divertono a fare incursioni armate: arrestano, picchiano, uccidono. Pochi giorni fa abbiamo incontrato un gruppo di italiani legati a Pax Christi che da qualche giorno stava visitando in lungo e in largo la Palestina. Quando ho raccontato loro alcune mie impressioni, dicendo che non ho visto né sentito palestinesi esprimere odio verso gli israeliani, un ragazzo ha sbottato contestando. Al ché, mi hanno raccontato cos'era successo. In poche parole: il gruppo (una quindicina scarsa di persone, uomini e donne attorno ai trent'anni o poco più) stava camminando compatto tra le vie di un campo profughi quando, improvvisa, è scattata una sassaiola contro di loro da parte di alcuni bambini inferociti.

Il motivo di quella reazione? Pochi giorni prima, un gruppetto di uomini e donne in abiti civili e dall'aspetto europeo si aggirava per il campo. In realtà erano soldati israeliani, che hanno così organizzato un agguato ai danni degli abitanti del campo profughi. Molti sono stati pestati, non so se qualcuno ucciso e non ho nemmeno capito dove sia successo né per quale motivo. Ma è successo. Grazie tante che appena vedono un gruppetto di biondi i bambini si impauriscono: turisti non possono essere, cosa cavolo ci vanno a fare i turisti nei campi profughi?

Insomma. La situazione è questa e anche peggio. Meno male che non ho visto quasi nulla nemmeno di ciò che racconto e spero di non vedere.

Non c'è una Luce qui, non c'è uno spiraglio nel Muro. Né in quello metaforico che ti separa dalla Vita vera e dalla libertà, né in quello in cemento armato. Che ti toglie la Vita e ti chiude nella prigione. Manca una guida ai palestinesi, manca un leader carismatico (e democratico), manca una strada da seguire, una meta da raggiungere. I leader che ci sono (di nome ma non di fatto) si curano solo dei propri interessi e si scannano fra loro per guadagnarci il più possibile. Processo di Pace? Grandi conquiste!!! Grandi risultati!!! Olmert e Abu Mazen si vedono ogni settimana: a Olmert piacciono i cibi che cucina la moglie di Abu Mazen e Abu Mazen scalpita per gustare i piatti della signora Olmert. (questa l'ho rubata a Noah Salameh). Che grandi conquiste... E` vero che forse prima nemmeno questo. Ma è solo questo quello che c'è. E mi sembra pochetto...

Non c'è nemmeno una direzione. (E se ci fosse una direzione, probabilmente ci sarebbe anche un checkpoint...). Non c'è un piano comune, un'idea politica. La Pace? Sì, magari: ma è fantascienza, appunto. Parlo di cose concrete, non di sogni. I sogni sono belli ma se sai che resteranno solo sogni servono solo a rendere la vita più amara, non ad addolcirla.

Vista l'impossibilità oggettiva di creare Due Stati per Due Popoli, inizia a prendere piede lentamente, lentissimamente, l'idea di Uno stato Binazionale. Sui giornali internazionali non l'ha detto nessuno ma pochi giorni fa un delegato palestinese ha avanzato nuovamente questa proposta (che nuovissima non è) a Israele. Bella sfida. Il succo dell'idea è, come dicevo all`inizio: "
Prendetevi tutto, ma non trattateci più come cani". I delegati Israeliani hanno respinto la proposta: "No, perderemmo la nostra caratteristica di stato ebraico". Ah...E allora è vero che volete fare una bella pulizia etnica... Più chiaro di così...


Scusate lo sfogo...


P.s.: per maggiori info:

http://www.alternativenews.org

http://www.maannews.net/en/index.php

(ma di siti ce ne sono un'infinità...)

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