17 luglio 2008

In Palestina, semplicemente...?


(Premessa: sto usando una tastiera araba, percio` gli accenti saranno un po` diversi o... non saranno affatto!)

16 luglio, 2.50 di notte. Liri, la mia cagnetta, sta leccando del gelato per terra mentre io finisco di preparare la valigia. 20.8 kg, bagaglio a mano a parte. Direi che va bene. Silvia dorme gia da un pezzo. Sveglia prevista: fra un`ora circa... I rumori della sagra sono finiti da un pezzo, con l`ultimo botto dei fuochi d`artificio che hanno fatto scappare Liri sotto al letto per la fifa (solo la quiete e la promessa di un biscottino l`hanno fatta uscire dal nascondiglio)...

Ci siamo. Iniziano i commiati: ciao Liri, so che hai capito che sto partendo di nuovo, ma stavolta non tornero` per il fine settimana. Fa` la brava, mi raccomando!
Vengono a prenderci i miei, che caricano bagagli e si parte per Tessera. Arriviamo poco prima delle 5. Poca gente, un po` di freddo e a dire il vero un po` di sonno.
Non me ne rendo conto ma sto partendo per quasi 5 mesi.
Betlemme, Palestina. Terra Santa. Santa e martoriata. Spesso i santi sono stati prima martiri, e questa terra e i suoi popoli continuano il martirio. Due popoli, due stati (quasi, forse, chissa`), tre religioni... Un muro.
Non me ne rendo ancora conto.
E` l`ora di andare, stavolta lo zaino ha lasciato posto alla valigia. Saluto i miei, abbraccio mia madre e abbraccio e bacio la mia Silvietta. Tornero`, promesso! E` dura lasciarsi per tanto tempo, soprattutto se stavi gia` percorrendo il tuo pezzo di strada insieme. E` solo una piccola deviazione verso un sentiero parallelo e non visibile, ma la strada restera` la stessa.

Il sole del mattino riscalda l`aria, accende i colori, bacia la Laguna e accarezza Venezia. Dall`alto e` sempre uno spettacolo unico. Il sonno, pero`, ha la meglio.

A Francoforte il cielo fa schifo. Mi perdo un paio di volte nel marasma di cartelli, passeggeri, negozi e porte e deviazioni. Uno squallido caffe` bollente e annacquato mi tira un attimo in qua, prima di accedere al gate B20. Misure di controllo piu` rigide del solito, kippah e boccoli mi ricordano che la meta e` Tel Aviv. Una gruppone di bambini tedeschi ebrei sta arrivando proprio in quel momento: meno male che riesco a passare prima io, senno` non avrei retto la coda! Nel frattempo, alcuni ebrei pregano nella hall, e la parete bianca si trasforma per un momento nel Muro del Pianto di Gerusalemme. Che casino di gente... Dove cavolo sara` Superpagno? Mi trova lui, meno male: Massimo, amico-collega che andra` pure lui in Palestina, a Jenin, per seguire un progetto di jobs-generation. Siamo stanchi entrambi e ci scambiamo gli stati d`animo per vedere come affrontare questo viaggio. Misure di sicurezza, controlli, perquisizioni. Due anni fa una ragazza del nostro master e` stata espulsa da Israele. Speriamo non succeda anche a noi...
"Io ho cancellato tutti i files nel computer", "io mi sono imparato a memoria i numeri del telefono", "ce l`hai il fax spedito al consolato italiano? ah, e come si chiamava il tizio del contatto?". Inutile negarlo: un po` di nervosismo c`e`!

Si parte, ma in ritardo, non ho capito per quale problema. Beh, che i tedeschi siano in ritardo mi fa provare un po` meno soggezione (eh, italiani-spaghetti-pizza-mandolino ma aggiungerei disorganizzazione-monnezza-ritardo. E politici corrotti). Sonno, tanto sonno. Scambio di posto con un ragazzo della comitiva tedesca di cui sopra. Mi chiede se parlo ebraico. Voleva spiegarmi che, essendo uno degli accompagnatori, dovra` alzarsi spesso e quindi disturbarmi. Percio` chiede di fare cambio di posto. "Don`t worry, it`s not a problem". Ti capisco, l`ho fatto pure io. E poi, meglio il finestrino del corridoio!
Dormo. Guardo le isole dell`Egeo. Dormo. Fame. L`odore del pranzo mi risveglia. Il ragazzo di prima, un po` preoccupato, chiede alla hostess se il cibo sia "kosher". Sicuramente anche quelle due famiglie di ebrei ortodossi l`avranno chiesto.
Mi viene in mente una graziosa commedia di vari anni fa, "Scusi dov`e` il West", il cui protagonista (Gene Wilder) e` un rabbino polacco inviato nella San Francisco di meta` Ottocento. Impedito come pochi, ingenuo e bonaccione, sarebbe spacciato se non fosse per l`aiuto provvidenziale di un cow-boy scapestrato ma gentile (un giovanissimo Harrison Ford). Dov`e` il west? "Dritto come piscio", diceva il rabbino, prendendo la direzione sbagliata...

Ci siamo, avvisto la costa di Tel Aviv. I passeggeri esultano quando l`aereo sfiora il suolo di Eretz Ysrael. Ancora non me ne rendo conto. Inizio a prepararmi mentalmente delle risposte da dare ad eventuali interrogatori. Aspetto Massimo e usciamo. Neanche il tempo di capire dove siamo e due agenti della sicurezza mi allontanano dal gruppo. Evvai, si comincia... Con aria seria e un po' altera, chiedono vare volte qual e` lo scopo del mio viaggio e perche` Bethlehem. Quale universita` mi manda e a fare cosa. Mostro passaporto (nel dubbio ho anche quello argentino, non si sa mai... Ci sono un sacco di ebrei argentini in Israele), lettera di referenze e fax per il console. Ho gia` il suo nome tra le labbra quando mi lasciano andare.

Ho perso Massimo, aspetto un momento, vado al bagno e raggiungo il Controllo Passaporti. Eccolo, e` gia` in fila. Passa un`eternita`...
La ragazza dall`altra parte dello schermo mi chiede nuovamente le stesse cose. Ma ammette il visto. Nel frattempo, due arabi vengono accompagnati da un`altra parte dai poliziotti israeliani. Ignaro, mostro il passaporto col visto ad un altro poliziotto, che mi fa aspettare e chiama una collega. Mi porta in disparte e aspetto ancora. Arriva un altro tizio, che ricomincia con le domande ma insiste e vuole sapere di piu`. "Perche` Betlemme e non altri posti, altre citta` nel mondo, e perche` proprio quel centro. e come l`hai conosciuto e chi c`e` che ti aspetta o che conosci". Un mio amico palestinese mi aspetta. Ahia... Il tipo si insospettisce: "Un tuo amico? palestinese? e dove e come l`hai conosciuto e cosa fa?".
Noah Salameh e` il direttore del Centre for Conflict Resolution and Reconciliation di Betlemme, fondato da lui stesso dopo gli studi. Nato in un campo profughi, a 15 anni e` stato incarcerato in Israele perche` militante nella resistenza armata. Ne usci 15 anni dopo. Ma convinto che con la violenza non si va da nessuna parte. Ora lavora per trasformare il conflitto, per creare dialogo e costruire un`alternativa di Pace.
Noah e` amico della mia associazione, la Rete Radie Resch di Solidarieta` Internazionale, fondata dal giornalista Ettore Masina e dal prete operaio francese Paul Gauthier nel lontano 1964, qui in Palestina.

Ho detto di conoscere un palestinese e l`agente si e` insospettito. Figuriamoci se gli dicevo che sono in un`associazione nata in Palestina...
"Questo lo tengo io -esclama sventolando il mio passaporto- intanto vai a prenderti la valigia e poi torna qui".

Un po` faticosamente la trovo, ritorno dal tizio e nel frattempo vengo raggiungo da una giovane ragazza musulmana (ma dai tratti occidentali) che sta seguendo il mio presente destino. Aspettiamo con i bagagli e seguiamo una poliziotta. Silenzio, non parla. Ma non sembra cattiva. C`e` una stanza isolata, ci dice di entrare.
"Oh cazzo... Non sara` mica che ci porta in gabbia?". Sono un po` agitato ma faccio finta di niente. Aspettiamo. La ragazza col velo apre i bagagli che le indicano, e non ci trovano nulla. Svuota tutto e rimette tutto a posto, mentre le valigie fanno di nuovo la radiografia. A posto, saluta e se ne va felice.
Tocca a me. "E ti pareva che andava a finire cosi" penso. Il fatto e` che ho messo tutta la roba nei sacchetti riduci-spazio, quelli sottovuoto che si aspirano con l`aspirapoilvere (trucchetto per farci stare tutto). Ma se mi chiedono di aprirli, ci mettero una vita a farci stare tutto di nuovo... Guardo uno ad uno i miei bagagli adagiati sul nastro trasportatore che entrano ed escono. Tutto a posto? Si? Uff, meno male...

Esco, guardo un orologio sul corridoio. Spero sia finita... Ho perso due ore! Massimo sara` gia` uscito da un pezzo, qui non c`e` nessuno... Cerco il cartello col mio nome. Non lo vedo; faccio il giro della hall; niente. Ci vedo poco, sono in controluce e ho sonno. Esco all`aperto. Caldo,afa,stanchezza,sudore. Cerco e non vedo. Un poliziotto in borghese mostra il tesserino ad una donna araba e le vieta di entrare in aeroporto. Poi la lascia andare. Cambio occhiali, rientro, rifaccio il giro, e finalmente trovo il mio nome. Grazie a Dio!!!
Il tipo mi dice che mi aveva visto girare, chiede come mai tanto ritardo e dice che di solito aspetta solo un`ora. Non finisco di ringraziarlo.

E` un tassista per pellegrini. E si vede: l`abitacolo pullula di santini cristiani. Anche lui lo e`, minoranza nella minoranza. "I`m Palestinian, I`m Christian, and I leave in Jerusalem". In autostrada, mentre assisto alle pazzie degli autisti israeliani (i napoletani in confronto guidano rispettando alla lettera il codice stradale, e i trevigiani sono le persone piu` prudenti al volante, sempre paragonandoli a cio` che vedo) , mi racconta con calma e un po` di ironia cosa significano l`occupazione, essere frammentati, isolati, traditi e presi in giro dai leader arabi. Ma nei suoi occhi non c`e` ne` odio ne` rassegnazione. E presto mi accorgero` che non e` affatto strano.
Vedo i primi insediamenti di coloni in questa terra che sembra tanto la Sicilia e a volte la Patagonia. Ci sono giovani soldati e soldatesse israeliane ogni tanto, macchine che hanno appena avuto un incidente e bandiere con la stella di Davide che sventolano qua e la`. Appare la periferia di Gerusalemme, con gli ulivi e nuove costruzioni (altri insediamenti).

Siamo a Gerusalemme est, zona araba, occupata violando ogni virgola del diritto internazionale e delle risoluzioni dell`Onu. Giriamo a destra e dietro una curva appare una zona militare. Fuori il passaporto. Una giovanissima militare israeliana, con aria incazzosa e svogliata ci fa cenno di proseguire.
Di fronte a noi si alza una colata di cemento altra qualche metro e lunga qualche chilometro. Eccolo il Muro. Non quello del Pianto, quello della vergogna. Il Muro di "difesa" voluto da Sharon per stringere nella morsa il popolo palestinese. Un enorme e grottesco cartello multicolore affisso vicino all`entrata dice in inglese ebraico e arabo "La Pace sia con te". Da qui si vede che veramente il suo percorso non segue un tracciato razionale: zigzagando in terra palestinese ingoia metri ed ettari, si contorce e stringe tra le spire velenose villaggi e terreni.


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