17 luglio 2008

A Betlemme

L`autista telefona col vivavoce. Riconosco la voce dell`interlocutore. E` Noah, finalmente ci siamo. E dopo poco li vedo, lui e Ibrahim, suo figlio che ora studia a Pisa Scienze per la Pace.
Pago l`autista che chiede scusa ma dovra` farsi pagare di piu` per il ritardo. Non importa. Ci scatta anche un`abbondante mancia "cosi so gia` che in futuro, se avro bisogno di te, ci sarai".
Ibrahim prende i bagagli ed entro nella casa accogliente di Noah. Dentro c`e` Amer, responsabile del Summer Camp per bambini palestinesi. Il camp, "Know your country" (conosci il tuo paese), e` iniziato da pochi giorni, ci sono 56 bambini. Anche Ibrahim fa l`animatore li ed entrambi sono visibilmente stanchi. E ci credo...
Finalmente a Betlemme. Noah, con la sua solita aria sorniona mi da il benvenuto, chiede come sto, come sta mia madre, cosa fa la Rete Radie Resch. Chiede come mai del ritardo e se ci sono stati problemi. Mi dice brevemente cosa faro` domani e mi anticipa che il fine settimana andro anch`io al Summer Camp. Mi chiede cosa voglio fare, se ho bisogno di qualche cosa. "Just sleep". Cosi, dopo i saluti, seguo Ibrahim che mi portera` nel mio futuro appartamento. Facciamo due chiacchiere in italiano, mi chiede se voglio approfittare per prendere una sim card locale (l`avevo chiesta prima). Cosi la prendo. Ho solo euro, va bene. Il cambio me lo danno in shekel. Che strane banconote sti shekel, non sembra neanche denaro!
Ibrahim mi chiede se ho fame. Sete, piuttosto. Non so cosa prendere, gli dico solo che non voglio fare l`occidentale e che cerchero` di fare solo quello che fa la gente del posto. "Coca cola allora". Ah. Saranno secoli che non la bevo, di solito evito queste bevande (quella in particoalare!). Pero`, scritta in arabo, sembra un`altra cosa!
Girando per le strade impolverate di Betlemme che scivolano tra le colline, mi sembra di essere nella mia citta` natale: Comodoro Rivadavia, nella Patagonia Argentina. Lo stesso aspetto di citta` sorta in fretta e furia, un po` malandata, ma con un suo fascino strano. E anche il clima un po` ventoso me la ricorda. Ah, qui tra l`altro si sta da Dio (beh, detto a Betlemme sembra un po` scontato): sole, brezza rinfrescante, aria pulita, caldo secco. Una meraviglia.

Arriviamo da Abu Wahid, amico di Noah, un uomo di mezza eta` che indossa una kefiah bianca in testa, come Arafat. Mi colpiscono i suoi intensi occhi azzurri, incastonati come lapislazzuli tra i lineamenti arabi del suo volto. Sara` il mio padrone di casa ma "mio fratello, prima di tutto", come esclama piu volte. Ha una bella casa, semplice e curata, pulita e in ordine. Mi illustra ogni singola cosa del mio futuro rifugio, che prima di me ha ospitato vari studenti e volontari del centro di Noah. E` perfetta. Gli chiedo del prezzo, e mi dice che ne parleremo piu tardi, a cena.
Mi fa vedere l`orto, le piante di salvia e menta, i grappoli d`uva, le rose, gli alberi da frutta, gli ulivi e il mandorlo. La terrazza dove godermi la sera e stendere il bucato, un fresco "angolo per poeti" riparato dai tralci della vite. Un piccolo paradiso, insomma.
Mi porta in casa sua dove conosco sua moglie. Anche lei parla inglese. Per nulla timida, tutta avvolta nel suo abito bianco e col velo che copre la testa ma non il volto, dimostra di essere la vera regina della casa.
Abu Wahid mi offre dello sciroppo di tamarindo fresco, in bicchieri di acciaio proprio come quelli che si usano anche in Argentina. E versa nel mio piatto del riso condito con carne e verdure, accompagnato da yogurt bianco, un peperoncino verde e del pane ripieno di carne o spinaci. "Ti aspettavo lunedi -dice- il dottor Noah diceva che saresti arrivato lunedi". Gia, in effetti era una probabilita`. Ma gli orari dei voli erano piuttosto brutti, quindi alla fine il viaggio e` stato posticipato di due giorni.
Cena deliziosa, accompagnata da una intensa chiacchierata. Anche Abu Wahid, come l`autista che mi ha portato a Betlemme, non prova ne` odio ne` rassegnazione. Ama molto il suo Paese, il suo Popolo e la sua cultura. Ne va orgoglioso. Si lamenta dei sopprusi compiuti dagli israeliani, ma non li odia. "Noi arabi accogliamo tutti, c`e` posto per tutti a casa nostra e tutti sono i benvenuti. Vogliamo solo che ci rispettino, che non mentano". Odia la menzogna, quella si, attivita` in cui i leader arabi sembrano piuttosto bravi. (Che Berlusconi sia arabo? Boh...).

Mi fa vedere in televisione la liberazione di cinque milizani di Hizbollah, in Libano. Esprime ammirazione per Nasrallah, il loro leader. "Almeno dice la verita`".
Dopo cena mi offre del caffe`: finalmente il caffe` arabo! Ne ho tanto sentito parlare... Qui e` macinato diversamente che in Italia, ed e` mescolato con semi di cardamomo che gli danno un gusto molto particolare. Mi insegna a farlo e poi lo versa con cura nei bicchierini di vetro.
Sorseggio il mio primo caffe` arabo con delicatezza...
Ringrazio di cuore per l`ospitalita offertami, di nuovo Abu Wahid mi accompagna nel mio appartamento e mi saluta. E` buio ormai.

Inizio a disfare la valigia ma prima devo far sapere a casa che sono arrivato e che tutto e` andato bene. Nel cellulare non ho credito. Provo a chiamare con la nuova sim ma un messaggio in ebraico mi dice (probabilmente) che c`e` qualche problema. Va a capire quale... Cosi esco e cerco un telefono pubblico. Chiedo a dei poliziotti palestinesi che mi indicano un negozio. Entro e il commesso, un po` sorpreso, mi dice che ce n`e` uno fuori e che se non funziona mi fa chiamare col suo. Infatti, dopo qualche secondo, mi ripresento...
Allora mi aiuta a comporre il numero (la scheda che mi vende ha i numeri arabi. Si, anche i nostri sono arabi, ma i loro sono ancora piu arabi quindi a me incomprensibili...).

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